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Children open mindedness

 

Il mondo sta evolvendo verso una direzione di sostanziale bilinguismo. I genitori sanno che i loro figli dovranno affrontare lo studio approfondito dell’inglese ed essere in grado di esprimersi perfettamente in esso.

Per questo, investono in corsi di inglese precoci, scuole bilingue o addirittura monolingue inglesi.

Mentre fino ad alcuni anni fa, questo investimento iniziava al momento della scuola secondaria oggi un numero sempre maggiore di bambini vengono esposti alla L2 (Seconda lingua) nei primissimi stadi del loro sviluppo.

Gli studi e l’esperienza mostrano e dimostrano che iniziare a imparare la seconda lingua precocemente è una cosa buona ed utile.

COME AVVIENE L’ACQUISIZIONE LINGUISTICA NEI BAMBINI PICCOLI?

Potremmo paragonare il cervello ad una sorta di calcolatore, in grado di fare a livello inconscio molte operazioni in ogni istante! Il cervello dei piccoli ha il doppio delle attività del cervello adulto, è un vero e proprio computer.

Studi approfonditi dimostrano come, sotto l’anno di età, il cervello del bambino sia in grado di discriminare tutti i fonemi di tutte le lingue del mondo. Gradualmente, però, si specializza sui fonemi della lingua madre, che percepisce più nettamente è più frequentemente degli altri e che rappresentano per lui qualcosa di “significativo” perché utile alla sua sopravvivenza.

Perché l’esperienza della seconda lingua sia efficace e positiva è necessario che si riproduca lo stesso processo: il cervello del bambino seleziona i suoni che l’insegnante produce, quelli diventano importanti perché “danno forma” a ciò che lui percepisce e su cui diventa competente: prima nella comprensione e poi nella articolazione e nella pronuncia della lingua stessa.

L’approccio Traduttivo si è rivelato inutile perché crea diaframma fra “cosa” e “parola” in un processo che astrae il concetto (troppo difficile per il bambino).

L’approccio Naturale al contrario, attraverso la comprensione del significato della parola (se sento “red” PENSO “rosso”), l’interpretazione dei gesti, la musicalità espressa dal tono di voce, l’espressione degli occhi e del viso, spinge all’intuizione della combinazione parola-cosa.

In questo tipo di approccio è fondamentale il ruolo dell’ insegnante che non dovrà solo conoscere i meccanismi di acquisizione ed apprendimento della lingua che lui stesso rappresenta ed “insegna” ma anche le tappe di sviluppo psico-fisico, affettivo dei piccoli ai quali si rivolge.

Le neuro scienze lo dichiarano con scientifica certezza: il linguaggio discende dall’interazione in lingua e dalla relazione con chi offre la lingua. Lo studio sottolinea anche che i bambini non apprendono nello stesso modo da video o audio.

Il benessere del bambino e quindi il suo apprendimento saranno garantiti da:

  • comprensione e rispetto del singolo bambino in se, delle sue personali competenze e caratteristiche, che l’insegnante deve osservare nel tempo;
  • creazione di stimoli positivi e motivanti, adatti all’ età e alle competenze linguistiche, sociali, cognitive, motorie, al fine di creare motivazione ed interesse, nonché sostenere l’autostima e la fiducia in se stesso;
  • approccio pratico: il bambino apprende mentre fa e ciò che fa, la sua esperienza è in tutto e per tutto pratica e non teorica;
  • approccio multisensoriale: il bambino “impara con tutto se stesso”: l’esperienza del mondo avviene con tutti i sensi e cosi la conoscenza di se’ e delle proprie emozioni;
  • modo musicale: le canzoni, la musica ed il ritmo aiutano enormemente ad entrare nel ritmo della lingua. Ogni lingua ha un suo specifico ritmo ed altre caratteristiche musicali come l’altezza dei suoni, l’alternarsi delle tonalità, la melodia. Ogni particolare idioma ha le sue caratteristiche musicali e la discriminazione dei pattern ritmici è fondamentale ai fini della comprensione e della produzione corretta di parole, suoni e frasi che possano essere capite dagli altri. Sarebbe un concetto molto difficile da spiegare in teoria, ma con il ritmo condiviso, ad un certo punto diventa naturale e gli studenti si trovano a “pronunciare correttamente” senza capire nemmeno perché. Con i bambini piccoli è ancora più facile perché l’influenza della prima lingua è meno forte, ci sono meno resistenze anche psicologiche;
  • comunicazione non necessariamente verbale: l’articolazione motoria di un suono è un’abilità complessa che richiede tempo. Utilizzare tecniche che permettano ai bambini di interagire anche non verbalmente (gesti, azioni, disegni, suoni non fonemici), rende possibile la comunicazione anche ai più piccoli.

L’acquisizione linguistica permanente avviene quindi attraverso uno scambio CONSISTENTE (molte ore) , REGOLARE, AFFETTUOSO, PARTECIPATO, e SIGNIFICATIVO fra il bambino e chi si prende cura di lui, esattamente come per la lingua madre.