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Bilinguismo: sfatiamo i miti

Una delle principali abilità che distingue l’essere umano da ogni altro organismo vivente è quella di comunicare attraverso un linguaggio complesso. Grazie ad esso possiamo interscambiare pensieri e idee, sia che siano espressi verbalmente o per iscritto. È attraverso il linguaggio che riusciamo a scatenare emozioni, azioni e immaginazione. Ovviamente non c’è un’unica lingua parlata in tutto il mondo; ad oggi ne esistono più di 7000! Tutte queste lingue differiscono l’una dall’altra per suono, vocabolario e struttura, il che ci porta a chiederci: 

 

“Come può la lingua determinare il nostro modo di percepire e sentire il mondo che ci circonda?”

 

PAROLE: Le lingue sono in costante movimento e il loro lessico può cambiare con il passare del tempo. Comunità e gruppi sociali possono parlare la stessa lingua in modi diversi, attraverso il gergo in uso: i giovani, ad esempio, potrebbero esprimersi in modo molto diverso rispetto ad una generazione più anziana; inoltre la cultura e l’ambiente che ci circondano hanno un impatto diretto sulla scelta delle parole e del contesto in cui usarle. 

 

COLORI: La lingua che parliamo può influenzare il modo in cui pensiamo al tempo, allo spazio e persino ai colori. Persone che parlano lingue diverse si concentrano su cose diverse a seconda delle parole o della struttura delle frasi a loro disposizione. 

Uno studio recente ha messo a confronto il modo in cui persone di diversa nazionalità percepiscono il colore blu. Gli individui provenienti da paesi anglofoni non hanno potuto rilevare il graduale cambiamento di colori dal blu chiaro al blu scuro, ovvero le sfumature tra i due. Invece ad esempio chi proveniva dalla Russia ha identificato facilmente queste sfumature. La ragione? Probabilmente perché la lingua russa possiede un grado di profondità più accurato per quanto riguarda la descrizione di diverse sfumature di colore e potevano quindi associarle ad una precisa parola esistente nella loro lingua.

 

SPAZIO E TEMPO: Un altro studio si è concentrato su una comunità indigena australiana i cui membri non usano le parole “destra” e “sinistra”; usano invece i punti cardinali nella loro quotidianità. Per esempio, ogni volta che si salutano per strada rispondono dicendo in quale direzione (nord, sud, est o ovest) si stanno dirigendo. Nelle varie lingue parlate al mondo questo concetto non esiste, per cui una persona di origini ad esempio europee non riuscirebbe a partecipare a questo tipo di interazione. Se qualcuno gli chiedesse indicazioni, anche se nella sua lingua, non risponderebbe mai usando le parole “nord” o “sud”. Inoltre, ad un livello più profondo, possiamo dire che gli indigeni che usano i punti cardinali per esprimersi vivono in modo diverso lo spazio poiché “costretti” dalla loro lingua a orientarsi continuamente e naturalmente. 

 

Tutti gli studi effettuati nel campo della linguistica, socio-linguistica e neuro-linguistica hanno mostrato che il linguaggio che usiamo plasma il modo in cui pensiamo, sentiamo e vediamo le cose. Se questo si può dire di chi parla una sola lingua, a maggior ragione lo si può affermare per chi parla due o più lingue. Molte persone al giorno d’oggi sono bilingui o multilingui, dalla nascita o perché lo diventano. Nonostante il bilinguismo sia ormai un fenomeno diffusissimo, ci sono ancora molte idee errate o incomplete al riguardo. Vi invitiamo a leggere alcuni dei miti che si possono sfatare.

 

1. I neonati e i bambini che sono esposti a più di una lingua avranno dei ritardi nello sviluppo del linguaggio?

Vero o falso?

FALSO! Iniziamo definendo cos’è un ritardo linguistico. Un ritardo linguistico è quando il linguaggio di un bambino non sta progredendo al ritmo previsto per la sua età. Secondo lo Standford Children’s Health, le tappe fondamentali del linguaggio normale (indipendentemente dal fatto che un bambino sia monolingue o bilingue o meno) sono le seguenti:

  • 12 – 17 mesi: un bambino dovrebbe essere in grado di dire 2-3 parole e avere un vocabolario complessivo di 4-6 parole.
  • 18 – 23 mesi: un bambino dovrebbe avere un vocabolario complessivo di 50 parole e iniziare a usare frasi contenenti 2 parole conosciute
  • 2 – 3 anni: un bambino dovrebbe iniziare a usare frasi di 3 parole, rispondere e porre domande semplici

La differenza è che un bambino bilingue imparerà questo vocabolario e formerà queste frasi in due lingue. Poiché il suo cervello deve ospitare due sistemi linguistici invece di uno, è comprovato che un eventuale ritardo linguistico temporaneo sia dovuto all’interferenza linguistica dei due registri (condizione appunto temporanea che trova la sua risoluzione nel giro di poco tempo).

Il bambino monolingue deve articolare e gestire un vocabolario di 50 parole solo nella sua lingua madre, mentre il bambino bilingue deve imparare ad articolare un pensiero, e conseguentemente l’espressione verbale di esso, in due registri linguistici, facendo sì che molto spesso il vocabolario composto da 50 parole si divida equamente nelle due lingue (25  e 25), a seconda della necessità. In ogni caso, il suo vocabolario rimane di 50 parole.

 

2. Un’educazione bilingue deve avvenire necessariamente dalla nascita? Dopo i tre anni, una seconda lingua è troppo difficile da imparare? 

Vero o falso?

FALSO! Ci sono comprovati benefici nell’acquisire una seconda lingua già dalla tenera età, tuttavia non è impossibile diventare bilingui in una seconda fase della vita.

Esistono due tipi di bilinguismo: simultaneo e sequenziale.

Si definisce bilinguismo simultaneo quel processo di acquisizione parallela delle lingue dalla nascita o prima dei 3 anni di età del bambino. Il cervello dei neonati è in una condizione di apprendimento unica nel suo genere, al punto da essere in grado di distinguere circa gli 800 suoni di cui si compongono tutte le lingue del mondo, secondo la ricerca della scienziata Naja Ferjan Ramirez. Per tale motivo, i neonati sono in grado di imparare qualsiasi lingua a cui sono esposti, di identificare i diversi suoni, le intonazioni e le strutture, in una modalità che i cervelli più “vecchi” non sono in grado di fare. Il vantaggio di imparare due o più lingue all’inizio della vita è sia linguistico che cognitivo, poiché la lingua e la sua struttura morfo-sintattica sono il riflesso di un modo preciso di vivere e di pensare tipico della cultura che rappresenta. 

Il bilinguismo sequenziale invece è l’apprendimento di una o più lingue in un momento successivo della vita del bambino, ossia quando la lingua madre si è già consolidata. Tale processo è più impegnativo poiché significa inserire una secondo lingua all’interno di un assetto mentale e linguistico già consolidato. Ciò significa forse che è molto difficile se non impossibile imparare una seconda lingua in età avanzata? Assolutamente no! Un recente studio del Massachusetts Institute of Technology intitolato “A Critical Period for Second Language Acquisition” ha scoperto che, contrariamente a quanto si pensava prima di questa ricerca, imparare una seconda lingua prima dei 18 anni dà una maggiore possibilità di avvicinarsi ad un livello linguistico simile ad un madrelingua rispetto allo studiare questa lingua in età più avanzata. 

Il metodo di acquisizione della seconda lingua attraverso il processo simultaneo e quello sequenziale è profondamente diverso, ma i risultati linguistici nel tempo possono essere spesso equiparabili. La differenza profonda tra i due metodi è l’aspetto cognitivo; nell’approccio simultaneo non si può parlare di L1 e L2 perché le due lingue sono allo stesso livello (di struttura, di pensiero, di produzione orale e scritto e, non di meno, di privilegio.) 

 

3. I bambini piccoli possono confondere le due lingue?

Vero o falso?

FALSO! Accade spesso in un ambiente bilingue che i bambini mescolino le loro lingue. Questo è chiamato “code switching” o “code mixing” e non deve essere scambiato per confusione linguistica o incapacità di parlare una lingua o un’altra. È solo questo, un mix delle due lingue. Un cervello bilingue identifica, usa e comprende due sistemi linguistici diversi, è quindi naturale che si incrocino. Questo “code-mixing” può avvenire sia con il lessico che con le regole grammaticali di entrambe le lingue, ma non significa che il bambino sia confuso. Secondo la pediatra Sophie Niedermaier-Patramani, “questo malinteso deriva dal fatto che i bambini bilingui inizialmente useranno spesso entrambe le lingue in una frase. Ciò non è causato dalla confusione, ma dalla capacità dei bambini bilingui di fluttuare tra le due lingue… aiuta i bambini a reagire rapidamente in situazioni difficili e a sviluppare forti capacità comunicative”. Quindi, piuttosto che vederlo come confusione, questo “code-mixing” può invece essere visto come l’ingegnosità del bambino.

 

4. I bambini “assorbono” una nuova lingua come una spugna?

Vero o falso?

VERO E FALSO, dipende dal punto di vista! Un osservatore esterno che sente parlare una bambina che si rivolge in inglese alla sua insegnante madrelingua sarà sicuramente colpito dalla scorrevolezza e pronuncia della stessa, d’altra parte l’insegnante noterà i piccoli errori grammaticali o lessicali, facilmente riconducibili alla lingua madre della bambina. 

La ricerca su come i bambini imparano le lingue ha diviso le competenze in due categorie: playground (lingua della conversazione quotidiana) e classroom (più tecnico-didattica). “Playground” è il linguaggio dell’interazione sociale, che ci permette di esprimere un significato nella sua forma più semplice e farci capire dagli altri. Rimane ad un livello relativamente superficiale ed è fortemente condizionato dal contesto. “Classroom” è invece il linguaggio accademico, più profondo, che si sviluppa solo se in appoggio alla prima lingua. Così come il bambino studia e approfondisce la lingua madre, è necessario che studi e approfondisca la lingua L2: il lavoro fatto sulla prima aiuterà l’apprendimento della seconda. 

È importante notare che il livello base di L2 si sviluppa indipendentemente da L1 (la madrelingua), ma che il livello avanzato di L2 è interdipendente dal livello acquisito in L1. 

 

5. Per essere bilingui bisogna saper parlare e scrivere in entrambe le lingue come un madrelingua?

Vero e falso?

FALSO! Si arriva ad un punto in cui il bambino bilingue conosce bene le regole della lingua, ma sa anche “infrangerle” per poter comunicare meglio. Una delle situazioni linguistiche più interessanti che si nota spesso nei bambini bilingui è la creazione di neologismi mentre usano entrambe le lingue per esprimere un significato. Spesso una mente bilingue usa la conoscenza grammaticale, lessicale e di pronuncia per trasformare una parola da L1 a L2 e viceversa. Una sedia che “non è comoda” diventa “a scomfy chair” piuttosto che “uncomfy” perché in italiano la s, usata come prefisso, ha valore privativo. In questo modo il bambino riesce a comunicare subito quello che intende dire. Ad ogni insegnante sarà capitato di sentir chiedere un “temperin” invece di uno sharpener, o avrà sentito qualcuno lamentarsi dicendo “Davide superated me in the line” invece che “Davide pushed in the line”.

Un bambino bilingue si concentra quindi sul significato e sulla comunicazione usando ogni mezzo linguistico a sua disposizione per trasmettere il proprio messaggio all’interlocutore. Qualcuno potrebbe sostenere che questi bambini parlano meno correttamente di chi è madrelingua e ovviamente questo è spesso vero. E’ però interessante spostare l’attenzione sul come usano la creatività e la loro conoscenza linguistica per comunicare in modo efficace in due o più lingue, anziché soffermarsi sul paragone con i monolingui che li pone per forza di cose su un piano di svantaggio e limita la valutazione ad un campo ristretto (quello della correttezza grammaticale).

 

6. Nell’arco della vita di una persona bilingue la prima e la seconda lingua possono essere interscambiabili?

Vero o falso?

VERO: “Una storia linguistica individuale può essere molto complessa. Alcuni bilingui possono avere storie più lineari (per esempio quelli che vivono lungo confini linguistici o in paesi plurilingui), ma alcuni avvenimenti importanti della vita – come l’inizio della scuola in una lingua diversa da quella madre, ottenere un lavoro, sposarsi o perdere un parente prossimo con il quale si usava in esclusiva una lingua – possono comunque cambiare l’importanza relativa delle proprie lingue.”1

 

In socio-linguistica, l’importanza che un singolo individuo o una comunità di persone dà a una specifica lingua è chiamata prestigio. L’inglese è la lingua che, a livello mondiale, ha più prestigio linguistico: causa e allo stesso tempo conseguenza di questo fattore è ad esempio il fatto che venga scelta per contesti scientifico-culturali di rilievo internazionale, nonostante non sia al primo posto tra le lingue più parlate al mondo. 

 

“La scelta di quale lingua utilizzare come L1 è soggetta a un processo dinamico, nel quale nuove situazioni, nuovi interlocutori e nuove funzioni di una lingua implicano nuovi bisogni linguistici. Nuovi bisogni cambieranno la configurazione delle lingue della persona bilingue. Di solito ci sono periodi di stabilità, di varia durata, e poi periodi di riorganizzazione delle lingue, durante i quali una esistente può rafforzarsi, un’altra perdere la propria importanza, un’altra ancora essere acquisita. Bisogna fare attenzione a non giudicare il bilinguismo di una persona durante questi periodi di transizione: nei periodi in cui si è esposti ad un nuovo ambiente i bilingui vanno rassicurati su quanto sta loro accadendo.”2

 

Per i pre-adolescenti e gli adolescenti, la scelta della lingua da utilizzare (intesa come scelta quotidiana, ma anche come scelta di dare prestigio a una lingua L2 più che alla L1) andrà a sommarsi ai numerosi cambiamenti già in atto che riguardano la delicata fase della vita in cui si trovano. Sarebbe sbagliato pretendere che usassero entrambe le lingue nello stesso modo, poiché la motivazione che spinge ad usare la lingua L2 è diversa in ogni soggetto e in ogni momento della sua vita. Le amicizie, la vita scolastica, i propri “miti” (sportivi, musicali, artistici): tutto influisce più o meno indirettamente sulla voglia di fare propria, in contesti quotidiani e/o professionali, una lingua diversa da L1. Ecco perché comprendere e rassicurare diventa importante negli eventuali momenti di smarrimento dei giovani bilingui. Assistiamo sovente a episodi di ragazzi che un bel giorno iniziano ad usare L2 al posto di L1: hanno scelto di dare il peso del “prestigio” ad una lingua appresa successivamente a quella madre. 

Il modo in cui i bilingui assimilano e usano due o più lingue è un argomento complesso. 

In conclusione, citiamo ancora il Prof. Francois Grosjean – Professore Emerito all’Università di Neuchatel e autore di cinque libri e numerosi articoli sul bilinguismo. In un’intervista ha affermato che: “il bilinguismo è l’uso di due (o più) lingue nella vita quotidiana e non la conoscenza di due o più lingue allo stesso modo (come pensa la maggior parte delle persone monolingue.) È estremamente diffuso ed è la norma nel mondo di oggi, non l’eccezione… La vecchia visione monolingue del bilinguismo ha avuto molte conseguenze negative, una delle peggiori è che molti bilingui non si considerano tali… Il bilinguismo è un modo di parlare ed ascoltare e deve essere studiato come tale, non sempre in paragone al monolinguismo.”3

 

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1-2 da F. Grosjean, Bilinguismo: miti e realtà (2015)

3 For a full transcript of the interview https://www.francoisgrosjean.ch/interview_en.html